Con profonda tristezza comunichiamo l’improvvisa scomparsa di Leonardo Amoroso, Professore ordinario di Estetica presso il nostro Dipartimento, che ci ha lasciato sabato 30 gennaio.
Nato a Livorno nel 1952, Leonardo Amoroso ha studiato Filosofia all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore, dove è poi stato perfezionando. È stato borsista del DAAD ad Amburgo e Friburgo. Si è formato sotto la guida, tra gli altri, di Francesco Barone, Giorgio Colli, Massimo Barale e Gianni Vattimo.
Ricercatore prima alla Normale, poi all’Università di Pisa, è stato in seguito Ordinario di estetica a Padova fino al 2001, anno in cui è tornato, sempre come Ordinario di Estetica, a Pisa, dove è stato anche per molti anni Presidente del Corso di studi aggregato di Filosofia e di Filosofia e Forme del Sapere. È stato Vicepresidente della Società Italiana di Estetica.
Nella sua attività di ricerca e pubblicazione, orientata in senso ermeneutico, si è occupato, tra l’altro, di estetica classica tedesca (in particolare Baumgarten, Kant, Schiller, Heidegger), di Vico, di Kierkegaard, di Spinoza, e di estetica della Bibbia. Ha anche tradotto in italiano importanti classici della filosofia tedesca.
Per chi volesse portare un ultimo saluto al professore, nel pomeriggio di lunedì 1 febbraio, fino alle ore 19:00, sarà possibile visitare la camera ardente allestita presso i locali della Pubblica Assistenza, in via Bargagna 2 a Pisa. Le esequie funebri si terranno in forma privata, per desiderio della famiglia.
Pubblichiamo qui di seguito un ricordo di Leonardo Amoroso scritto da Alberto L. Siani, professore associato di Estetica all’Università di Pisa, suo allievo, collega e amico.
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Alberto L. Siani, Ricordo di Leonardo Amoroso (primo febbraio 2021)
Leonardo Amoroso è mancato inaspettatamente, per un malore improvviso, nella serata del 30 gennaio. Avevamo parlato al telefono non più di tre giorni prima, di ordinarie faccende di università, e non avrei mai immaginato che sarebbe stata l’ultima volta. Nell’ultimo periodo, a causa delle restrizioni da pandemia, non ci eravamo visti di persona, ma la sua, anche a distanza, restava comunque una presenza costante e rassicurante, credo di poter dire non solo per me ma per tutti coloro, colleghi, amici, familiari, allievi, che lo conoscevano e gli volevano bene. Per me lo era ormai da quasi venti anni, cioè dal 2002, anno del mio secondo colloquio in Normale, quando è iniziato il nostro rapporto, prima di magistero, poi di amicizia personale e collaborazione. Leonardo, allora, era da poco rientrato da Padova, dove era già ordinario di Estetica, a Pisa, dove aveva studiato e si era formato.
Leonardo lascia un grande vuoto in tutti noi. Il suo riserbo premuroso, la sua gentilezza, la sua rettitudine ci mancheranno tanto quanto le sue qualità di docente e di studioso appassionato. Nella sua lunga e densa carriera Leonardo si è interessato di moltissime cose, dall’amore giovanile per Heidegger e Kant, alle ricerche sulla nascita dell’estetica, su Vico, su Kierkegaard, su Spinoza, passando per l’estetica della Bibbia e gli studi sull’ebraismo, fino ad arrivare a Nietzsche e a Dewey, tanto per ricordare solo alcuni dei suoi temi. Studioso rigoroso e profondo, ha sempre messo in guardia se stesso e tutti noi dalle tentazioni di un pensiero e di una scrittura filosofica altisonante, oscura e oracolare, avendo come obiettivi costanti la chiarezza e la semplicità anche e soprattutto di fronte alle cose più difficili. Il suo metodo ermeneutico di attenzione al testo e alla singola parola o intonazione, un metodo in cui coniugava l’eredità heideggeriana depurata però dagli esoterismi e una curiosità creativa direi da studioso del Midrash, è forse il suo lascito più importante e duraturo. Ne sono testimoni e continuatori varie generazioni di studiosi, da quelli ormai più affermati ai giovanissimi, passati dal suo studio in cui campeggiano, uno accanto all’altro, la risposta di Baumgarten a chi gli chiedeva come volesse essere seppellito (je akademischer je besser, “quanto più accademicamente, tanto meglio”) e un bellissimo poster del Ghetto di Venezia.
Non si tratta di un lascito solo scientifico, ma di una preziosa eredità umana e morale, di scuola, nel senso più alto di questo termine. E in effetti l’insegnamento, condotto in ogni momento secondo un rarissimo connubio di passione e discrezione, è sempre stato in cima ai pensieri e alle cure di Leonardo, fino all’ultima telefonata che menzionavo in cui abbiamo parlato del nuovo corso su Kierkegaard e Nietzsche che avrebbe dovuto iniziare nelle prossime settimane. L’insegnamento diretto ai moltissimi studenti dei suoi corsi universitari, innanzitutto, ma anche la riforma e il miglioramento della didattica nei suoi molti anni da presidente del corso di studi aggregato di Filosofia e di Filosofia e Forme del Sapere, e infine la preoccupazione per il valore e lo statuto dell’estetica, da lui amata e insegnata con un’impostazione di ampio respiro e mai angustamente “disciplinare”, perseguita anche nella sua intensissima attività di socio fondatore, vicepresidente e poi decano della Società Italiana d’Estetica. E penso poi alla sua mai spenta capacità e volontà di rimettersi sempre in gioco, di conoscere cose nuove, o cose vecchie con occhi nuovi, che lo portava per esempio, ogni estate, a leggere o rileggere minuziosamente un grande classico del pensiero filosofico da sottoporre agli studenti l’anno dopo, un’attività cui lui si dedicava nell’otium della casa all’Ardenza nella sua Livorno, dove non potrò più ad andare a trovarlo, come mi ero più volte ripromesso senza mai riuscirci.
Il nostro mondo accademico e la nostra Pisa mi sembrano già più poveri e vuoti, meno rassicuranti e familiari senza la presenza di Leonardo. Questo vuoto appare intollerabile e incolmabile, eppure tutti noi che oggi lo piangiamo sappiamo che al pieno della sua eredità stiamo attingendo già ora, e non smetteremo di farlo. Nella consolazione, poca o tanta, che questo pensiero può offrirci, possiamo trovare la forza di rivolgere a Leonardo un ultimo saluto, e un ultimo, commosso, ringraziamento.
Alberto L. Siani