Venute meno le illusioni circa “una fine della storia” e l’affermazione di un’ordinata globalizzazione che portasse alla “naturale” e “inevitabile” generalizzazione di valori e stili di vita occidentali, oggi a molti osservatori il mondo appare più disordinato, ingovernabile, privo di una base comune di valori e obiettivi.
I crescenti flussi migratori, il cambiamento climatico, la recente crisi pandemica con le difficoltà a salvaguardare le vite umane senza incidere pesantemente sulle attività economiche e le libertà individuali, il crollo dell’ordine politico internazionale, reso evidente dal conflitto in Ucraina, l’intrecciarsi e sovrapporsi di istituzioni politiche locali, nazionali e sovranazionali, la connessa tensione tra le identità particolari (locali, nazionali ed europea) e l’universalismo, infine la pluralità degli orientamenti religiosi, valoriali e sessuali sono fenomeni che determinano in molte persone una crescente sensazione di disordine.
Si invoca così un ritorno a un buon ordine antico e naturale, difficile da definire e certo non condiviso dalla totalità dei cittadini europei. Il dilemma che si pone è quindi se dobbiamo cercare di definire un “nuovo ordine” frutto di un compromesso tra i diversi interessi e sistemi di valori che caratterizzano la società europea, oppure se dobbiamo rassegnarci all’impossibilità di istituire un ordine che non sia oppressivo delle diversità e funzionale al potere di alcuni gruppi sugli altri.
Nella consapevolezza che spetta a organi di governo nazionali e comunitari prendere decisioni a riguardo, scopo del progetto è evidenziare la complessità del problema chiedendosi se non possiamo imparare a convivere con il disordine, osservarne e comprenderne l’intima natura, scorgervi un senso e quindi gestirlo attraverso un’educazione alla complessità del reale.