2021 - 2031
In corso
Altri progettiArcheologia Orientalistica
Anacleto D’Agostino (PA – Archeologia del Vicino Oriente)
Il progetto italo-turco di scavi archeologici a Uşaklı Höyük (Yozgat, Turchia) della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale (MAIAC) vede coinvolti studiosi e studenti delle università di Pisa, Firenze, Siena, Roma Sapienza, Yozgat Bozok, Ankara, Ankara Hacettepe, Ankara Bilkent, Londra UCL, Pavia, Koç Istanbul, Tübingen. Il nucleo del gruppo di ricerca è formato da: Valentina Orsi (RA – Archeologia Vicino Oriente, ANAMED Koç Üniversitesi Istanbul) Giulia Torri (PO – Ittitologia, Università degli Studi di Firenze) Emanuele Taccola (TA – Archeologia e topografia, Università di Pisa) Claudia Minniti (PA – Archeozoologia, Sapienza Università di Roma) Stefania Mazzoni (già PO – Archeologia del Vicino Oriente, Fondazione OrMe) Lorenzo Castellano (RU – Paleobotanica, New York University) Yılmaz Selim Erdal (PO – Biologia dello scheletro, Ankara Hacettepe Üniversitesi) Yağmur Heffron (PA – Archeologia Vicino Oriente, University College London) Demet Taşkan (PA – Storia dell’arte turca, Yozgat Bozok Üniversitesi) Neil Donald Andrew Erskine (RA – Archeologia e topografia, University of Glasgow) Serkan Erdoğan (PA – Archeologia dell’Anatolia, Yozgat Bozok Üniversitesi) Mustafa Kibaroğlu (RU, Archeometria, Eberhard Karls Universität Tübingen) Gözde Aytaç (architetto – Istanbul) Giacomo Casucci (dottorando, Archeologia Vicino Oriente, Università degli Studi di Pavia) Iolanda Cacozza (assegnista ricerca, Archeologia Vicino Oriente, Università di Pisa) Ylenia Viggiano (dottoranda, Archeologia Vicino Oriente, Università di Pisa) Marta Doglio (dottoranda, Joukowsky Institute, Brown University) Sergio Martelli (disegno, MAIAC) Annamaria Graziani (restauro, MAIAC)
Progetto sostenuto dal Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
L’Uşaklı Höyük Archaeological Project (UHAP) vede coinvolti la Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale (MAIAC), studiosi turchi, britannici e tedeschi in una collaborazione finalizzata allo scavo di un importante sito multi-periodo nel cuore dell’altipiano anatolico, una regione attraversata da una rete di vie che metteva in comunicazione le regioni occidentali dell’Asia Minore e le alte terre dell’Anatolia Orientale, tra i monti del Ponto e la Cappadocia e al centro di quello che gli ittiti chiamavano Paese Alto. E’ l’unico scavo a direzione italiana su un sito nel cuore del territorio ittita.
La ricognizione di superficie condotta tra il 2008 e il 2012 e gli scavi intrapresi a partire dal 2013 hanno rivelato consistenti tracce di una lunga occupazione iniziata alla fine del Bronzo Antico e protrattasi fino ad età medievale. Il lavoro degli archeologi ha permesso di riportare alla luce resti di edifici monumentali che, insieme ai frammenti di tavolette con iscrizioni in cuneiforme e il vasto repertorio di ceramiche, identificano il II millennio a.C. come periodo della sua massima fioritura. L’edificio bruciato, il grande tempio in blocchi di granito con il mosaico policromo e la struttura circolare in pietra, forse rituale, rafforzano l’identificazione del sito con l’importante città santa ittita di Zippalanda, centro di culto di un potente dio della tempesta, sede di un santuario e di una residenza reale e menzionata in diverse feste cui prendeva parte il re. I resti del Bronzo Medio identificati in alcuni saggi profondi, la fortificazione della cittadella di età frigia, le tombe di epoca romano-bizantina, documentano altre fasi dell’insediamento che stanno restituendo informazioni rilevanti.
Il progetto mira a ricostruire lo sviluppo sul lungo periodo dell’insediamento e le trasformazioni che lo hanno riguardato, con particolare attenzione nella fase delicata di strutturazione urbana e di successivo collasso tra II e I millennio a.C. quando si fanno spazio aggregazioni socio-politiche ed esperienze insediative alternative. Data la continuità di occupazione, il sito permette di ricostruire le soluzioni messe in atto dalle comunità locali per affrontare i cambiamenti causati da periodi di crisi politica, sociale e ambientale. La collaborazione sistematica tra archeologi, archeozoologi, paleobotanici, antropologi, geologi, archeometri permette di porre domande di ricerca mirate alla ricostruzione dello sviluppo urbano, alla caratterizzazione socio-economica delle comunità, al loro impatto sul territorio e ad aspetti interdipendenti del rapporto uomo-ambiente nel corso dei millenni.